L’Assemblea delle Nazioni Unite il 1 marzo ha votato a larghissima maggioranza (141 a favore e 35 astenuti) una risoluzione di ferma condanna all’invasione della Federazione Russa nello Stato Ucraino, ha richiamato il dovere di far cessare il conflitto chiedendo: “immediatamente, completamente e incondizionatamente il ritiro di tutte le sue forze militari dal territorio ucraino entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti”. E chiarendo inoltre che le Nazioni Unite stanno “condannando” la decisione di Putin di mettere in allerta le sue forze nucleari. Un pronunciamento chiaro e netto che tiene conto dei principi basilari della legalità internazionale.

Ora: la proposta di resa, sostanzialmente incondizionata dello Stato Ucraino, suppongo per comprensibili motivi umanitari, non tiene conto delle ragioni di fondo che hanno spinto la Comunità Internazionale nel suo insieme all’invito esattamente opposto e cioè quello di invocare una chiara distinzione fra aggressore ed aggredito.
La Resa italiana agli Alleati anglo/americani fu possibile e necessaria non solo per le ragioni di carattere umanitario con le quali si sollecita la resa ucraina, ma perché quel conflitto gli italiani avevano iniziato, avevano perduto e la resa non fu altro che un atto doveroso che li obbligò a non porre alcuna condizione. In questo caso la resa degli Ucraini non produrrebbe alcun negoziato né sui territori contesi né, si immagina, sugli eventuali danni di guerra che ricadrebbero sulle spalle degli invasi.

Prescindendo dalle ragioni di merito che hanno condotto la Federazione Russa ad un’azione così contundente nei confronti del popolo ucraino, a loro detta un’operazione militare “speciale” per liberare quella nazione da “nazisti e drogati”, si osserva che, allo stato, il carattere resistenziale della difesa ucraina prolunga l’agonia e agevolerebbe il genocidio pianificato dall’avanzata militare russa se quest’ultima non venisse rifornita di mezzi efficaci alla difesa. Non è forse eguale “dovere” democratico consentire a un popolo che difende la propria sovranità respingere l’invasore? Non è forse necessario invocare una pace bilaterale anziché una resa unilaterale senza condizioni? Non intendo citare le innumerevoli pagine di solidarietà concreta e operante scritte dalla sinistra democratica europea nei confronti di popoli oppressi o schiacciati dalle invasioni. Lo abbiamo fatto quando erano regimi di stampo fascistoide nel dopoguerra e lo abbiamo fatto anche nei confronti delle prepotenti normalizzazioni comuniste sospinte dall’Armata Rossa.

Il pacifismo é un sentimento nobile e va coltivato, il neutralismo una forma pilatesca, domandare il rispetto della legalità internazionale come richiesto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite implica un di più nello sforzo che può essere impiegato per dissuadere l’invasore e costringerlo a negoziare una pace ed una soluzione del conflitto. La resa significa scardinare la legalità internazionale e piegarsi alla logica bruta del più forte. Altri cattivi esempi potrebbero seguire.