Elettorato M5s senza casa
Sondaggio Swg: i voti grillini sono sul mercato, chi ne approfitterà?

Se fosse stato un politico comune, come tanti altri in circolazione, e se avesse davvero in mente di accedere a gennaio alla carica di presidente della Repubblica (nessuno sa le sue vere intenzioni e nemmeno che cosa i partiti gli permetteranno di fare), Mario Draghi avrebbe potuto in questi giorni almeno in parte arrendersi e fare concessioni più generose ai partiti che compongono l’esecutivo da lui guidato. Che hanno provato, chi per un obiettivo, chi per un altro, a “tiragli la giacca”, con una pressione volta prevalentemente sul fronte della spesa, a favore (presunto) di settori particolari di elettorato. Avrebbe, cioè, potuto “imbonirseli” in vista di un voto favorevole per l’ascesa al Quirinale. E invece no: ha tirato diritto, imponendo la sua linea e le sue scelte, nell’interesse del Paese e della sua crescita. E ricevendo il plauso degli elettori.
Ma i partiti – chi molto di più, chi molto di meno – hanno insistito nel loro atteggiamento (e in certi casi nel loro comportamento). Messi un po’ nell’ombra da un governo che non permette loro di fare promesse e concessioni irragionevoli ai loro rispettivi elettorati pensando così di conquistarli, continuano – magari attraverso la sola comunicazione e gli annunci nelle dichiarazioni televisive e nei social – ad alzare la testa e a provare a sottolineare la loro identità e le loro “battaglie” più o meno coerenti all’interesse del Paese. Si tratta però, da parte delle forze politiche (come abbiamo detto, più di alcune che di altre, con differenze certo rilevanti, ma anche con un atteggiamento in buona misura comune), di una tattica che può sembrare efficace e pagante nel brevissimo periodo, ma che in prospettiva non lo è affatto. Perché in questo modo, invece, rischiano di allontanare ancora di più la (sempre calante) fiducia che in loro ripongono (o, meglio, riponevano) i cittadini.
Occorre ricordare che gli italiani – ormai abbandonato per la maggior parte il vecchio e desueto “voto di appartenenza” (che garantiva, ai tempi della Prima repubblica, un consenso costante alla forza politica cui si era legati) – sono sempre più “mobili” e “fluidi” nelle loro opzioni elettorali e scelgono, di consultazione in consultazione, il voto da dare, senza vincoli o legami particolari nei confronti di un partito o di un altro, anche passando qualche volta da uno schieramento all’altro. O scegliendo di astenersi, come è successo in misura notevole alle ultime amministrative. Ove le diserzioni dalle urne sono state motivate in parte da scelte squisitamente politiche (in particolare la critica degli elettori della Lega e del M5s verso i i candidati e le scelte dei loro rispettivi partiti), ma anche, in misura non trascurabile, da sfiducia e da distacco nei confronti della politica in generale. Peraltro, la presenza di un atteggiamento del genere, di “distacco” dalle forze politiche, oltre che dal recente comportamento di voto (che ha riguardato però una porzione comunque limitata di elettorato) è suggerita dai risultati di una recente rilevazione demoscopica (dati Radar Swg), su di un campione rappresentativo dell’intera platea dei cittadini italiani in età di voto.
Da essa emerge come più di quattro intervistati su dieci (41%) dichiarino, in vista di prossime eventuali elezioni politiche, di non essere propensi a recarsi alle urne (29%) o di essere decisi a non votare del tutto (12%). La scarsa o nulla motivazione a votare è significativamente più accentuata tra gli ex elettori grillini, segno che il consenso di chi alle ultime elezioni politiche ha votato questo partito è tutto da riconquistare da parte delle altre forze politiche e potrebbe anche essere preda di nuove proposte di tipo populista, se mai vi fosse qualcuno in grado di presentarle. Insomma, i voti che a suo tempo furono appannaggio del M5s sono oggi “sul mercato”. Secondo lo stesso sondaggio, i motivi di questa intenzione ad astenersi non sono dettati tanto (come era un tempo) da un generico disinteresse verso la politica in generale (che è indicata da solo il 10% degli astenuti potenziali), quanto piuttosto da una sfiducia maturata specificatamente nei confronti delle proposte delle forze politiche attualmente in campo: tra gli altri, il 38% afferma che “non mi convince nessuna forza politica”, il 18% dice che “nessuna forza politica fa proposte convincenti sui temi che mi interessano” e un altro 9% dichiara che “il partito o lo schieramento che votavo in passato mi ha deluso”.
Questo “distacco” dalla politica oggi esistente è un fenomeno che non va trascurato e a cui occorre invece prestare grande attenzione. L’unico modo per combatterlo da parte delle forze politiche sarebbe quello di fare proposte – e comunicazioni – davvero convincenti per gli elettori e per i bisogni, i valori e gli interessi che questi esprimono. Possibilmente, con un’ottica di crescita del Paese nel medio periodo. Ciò che, palesemente, non è quello che stanno facendo i partiti in questa fase (o che non viene comunque percepito dalla gran parte degli italiani): essi paiono, secondo molti osservatori (e secondo molti elettori), con “gli occhi bassi sul presente” (il “presentismo”, secondo l’efficace locuzione di Cominelli) limitarsi a “rialzare la testa” (e la voce) nei confronti delle scelte del governo Draghi. Le quali invece trovano – come mostra la grande popolarità del presidente del Consiglio (secondo Swg Draghi gode di una approvazione del 58%) – il consenso della gran parte dei cittadini/elettori.
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