“Nessuno può ridare questo piccolo indietro, nessuno ci starà vicini, voglio che il mio grido di dolore lo sentano tutti perché non si può far morire un neonato per un tampone che non arriva”. Valentina Polverino è disperata per la prematura morte di suo nipote. Il suo cuore ha cessato di battere prima di vedere la luce. Secondo una prima ricostruzione dei medici e dei familiari di Maria, una 20enne di Napoli,  residente nel quartiere di Pianura, la ragazza sarebbe arrivata alla clinica privata Sanatrix, nel quartiere Vomero, intorno alle 12 in preda a forti dolori. Ma per poter accedere alla sala operatoria e partorire bisognava aspettare l’esito del tampone per verificare che la donna fosse negativa al coronavirus. “Dalle 12 che aspettavamo il risultato è arrivato solo alle 18, ma ormai era troppo tardi e il bambino è morto”, ha detto Valentina.

Adesso la famiglia chiede a gran voce di fare chiarezza e giustizia, ma soprattutto dignità e rispetto per il loro grande dolore. Quando si è sparsa la notizia della morte del bambino, è circolata anche la voce che i familiari avessero distrutto la clinica. “Tante testate giornalistiche dicono che abbiamo sfasciato tutto e aggredito le forze dell’ordine. Sfido chiunque ad avere questa notizia in un giorno che doveva essere di gioia. Posso assicurare che nonostante la drammatica notizia, non abbiamo sfasciato e aggredito nessuno e ci sono video che lo testimoniano”.

Sulla vicenda, dopo la denuncia dei familiari, sono in corso gli accertamenti della polizia. Gli agenti del commissariato Vomero hanno sequestrato le cartelle cliniche mentre la polizia scientifica ha eseguito i rilievi. L’informativa passerà adesso nelle mani della Procura partenopea.

Valentina ricostruisce le concitate ore che hanno portato alla tragedia. “Maria e mio fratello hanno 20 e 22 anni, quello che sarebbe dovuto nascere era il loro primogenito. Il 5 novembre alle 11 e 45, ci arriva la telefonata della suocera di Maria che avverte tutta la famiglia di andare in clinica perché mia cognata aveva i dolori pre parto. Siamo andati tutti alla clinica e come da prassi non ci hanno fatto entrare a causa del coronavirus. L’unico modo per accedere e stare un solo giorno vicino mia cognata era pagare 280 euro, più 100 il tampone per tre giorni consecutivi”.

“Abbiamo aspettato fuori alla clinica in ansia perché mia cognata ha dei problemi cardiaci – continua il racconto Valentina – Ogni ora chiamavamo il nostro ginecologo, il dottor Festa, che ha seguito Maria per tutta la gravidanza. Verso ora di pranzo ci ha detto che a Maria era salita la febbre a 40, aveva delle coliche e c’erano delle complicazioni per cui bisognava operarla subito. Ma il risultato del tampone non arrivava per cui bisognava aspettare. Intanto mia cognata era monitorata”.

“A questo punto l’unica cosa da attendere era la risposta del tampone – continua il racconto –  se era negativo si procedeva al cesareo, se fosse stato positivo bisognava trasferire Maria in un ospedale. Intanto mia cognata soffriva, ma fino a un’ora prima del parto era monitorata e il battito del piccolo c’era. Il ginecologo ha insistito che doveva operare subito perché la ragazza stava male. Ma il direttore della clinica ha detto di no perché bisognava per forza aspettare l’esito del tampone”.

È a questo punto che il racconto si fa drammatico: “Alle 18 e 15 ci dicono che Maria era negativa al coronavirus, la preparano per andare in sala parto, le staccano i monitoraggi, scendono giù, la fanno un’anestesia generale visto che era diventato urgente il cesareo. Ma mio nipote nasce morto. Il ginecologo è uscito piangendo e ci ha spiegato tutto, con un dolore al petto, si è messo dalla nostra parte. Ci ha detto chiaramente che se la operavano un’ora prima, mia cognata aveva il mio piccolo batuffolo tra le sue braccia!”.

LA VERSIONE DELLA SANATRIX: “QUALSIASI EMERGENZA POTEVA ESSERE GESTITA” – “Nessun primario, medico, né tantomeno il direttore sanitario della clinica Sanatrix, ha mai dato nessuna disposizione per fermare o ritardare alcun parto se non urgente. Siamo profondamente dispiaciuti per quanto accaduto ma occorre ristabilire la verità dei fatti per non aggiungere dolore ad altro dolore”. E’ quanto si legge in una nota della direzione della clinica Sanatrix di Napoli.
“Rispetto a quanto accaduto la notte scorsa è doveroso precisare che la partoriente è stata sottoposta non solo a tampone per SARV-COV2 ma all’ingresso in pronto soccorso anche a test sierologico che in circa 10 minuti ha dato un risultato negativo. Tale protocollo è previsto proprio per poter gestire l’emergenze in attesa degli esiti del tampone molecolare che richiedono più tempo”. “Con l’esito negativo del test sierologico sulla Signora, qualsiasi emergenza poteva essere gestita dai medici curanti- spiega la direzione della Sanatrix – senza alcuna limitazione da parte del Primario o del Direttore Sanitario, non potendo mai immaginare di ritardare una urgenza medica o chirurgica. Sia il Primario del reparto di Ginecologia, sia il Direttore Sanitario, vista l’ora in cui si sono svolti i fatti, non erano presenti nella struttura né tantomeno hanno impartito ordini ostativi al parto, visto che sono stati informati solo dopo l’evento, come è facilmente ricostruibile dal magistrato prontamente intervenuto”.
“Il personale medico, paramedico, infermieristico e di sicurezza della Clinica Sanatrix – viene evidenziato nel comunicato della nota clinica partenopea – sono ben consci dell’accaduto e pronti a ricostruire la verità dei fatti, smentendo l’inverosimile e fuorviante ricostruzione dei fatti apparse sui social. Ogni altra ricostruzione dei fatti è pura speculazione su una tragedia che non merita ulteriore dolore, se non altro per rispetto ad una famiglia la cui sofferenza non è neanche lontanamente immaginabile”. “La direzione della Clinica Sanatrix – conclude la nota – dichiara la piena fiducia nell’operato della magistratura, auspicando una rapida ricerca della verità che possa ristabilire la dignità professionale del Primario, delle ostetriche e degli altri operatori ingiustamente coinvolti”.

In alcune dirette del giornalista Pino Grazioli fuori dalla clinica, si vedono i familiari molto agitati dopo aver avuto la notizia della morte del bambino, ma non si notano episodi di violenza. Sul posto intanto sono accorsi gli agenti della polizia che hanno raccolto anche la denuncia dei familiari. “Non abbiamo devastato la clinica come hanno detto in tanti – sottolinea Valentina – abbiamo addirittura allontanato mio fratello per evitare che per la rabbia potesse dire e fare cose sbagliate”.

IL GINECOLOGO – Nei video si vede anche il ginecologo, Giovanni Festa, che esce dalla clinica per parlare con la famiglia di Maria. È costernato dall’accaduto, “queste cose non devono capitare”, dice. Parla con la famiglia e spiega loro che pur avendo seguito per 9 mesi la gravidanza della ragazza al momento del travaglio e delle complicazioni non ha potuto fare nulla perché doveva attendere il risultato del tampone che non arrivava, prima di poter portare la donna in sala operatoria. “Purtroppo esistono delle linee guide interne per la gestione del coronavirus e ho potuto solo aspettare”, ha detto con le lacrime agli occhi.

“Esiste la casualità ma bisogna capire bene cosa è successo perché queste persone devono avere giustizia – continua il medico – Dobbiamo aspettare l’autopsia per avere certezze sulla causa della morte del bambino. Certo è che la mamma era negativa al Covid. Se l’autopsia chiarirà che la morte del bambino è dovuta all’attesa parliamo di una morte che si poteva evitare”. Adesso Maria è in terapia intensiva all’Ospedale Pineta Grande di Castel Volturno e la famiglia attende di sapere come sta. “È una tragedia nella tragedia, ma non chiamateci persone violente”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.