Cito l’antica massima di Confucio: “Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”.
In altri termini: meglio sussidiare, nel momento del bisogno, le persone (ma noi potremmo dire anche le imprese), oppure pensare ad una soluzione di lungo periodo, e cioè in termini economico-confuciani, oltre al pesce, dare canne da pesca, e cioè investimenti? Jean-Paul Fitoussi, nella sua intervista di ieri al Riformista, sembra dare una soluzione, come dire, “one hand another hand”, vale a dire, sì, vanno bene gli investimenti, quindi stimolare il lato dell’offerta, ma vanno bene anche gli ammortizzatori sociali, i bonus a famiglie e cittadini, ovvero sussidiare anche la domanda. L’uno e l’altro, indistintamente e strutturalmente. Intendiamoci, l’economista Fitoussi non ha del tutto torto. Però, la sua sembra una posizione opportunistica (un “neo-ma-anchismo” in salsa economica), laddove i policy maker, invece, dovrebbero, prima di tutti, riflettere sulle caratteristiche e sulla natura della crisi, come noi abbiamo detto tante volte, anche in questo mio giornale. E poi prendere delle decisioni nette e chiare.

Questa, lo ripetiamo ancora una volta, è una crisi simmetrica, da offerta, e le crisi simmetriche e da offerta, se non si vuole perdere competitività, devono essere risolte innanzitutto intervenendo sull’offerta, cioè sulla produzione, sulle imprese, sugli investimenti, sul capitale umano, e non invece solo sulla domanda, e cioè sui sussidi e sugli ammortizzatori sociali (d’altronde, questa è anche la posizione dell’Unione Europea con le sue 7 flagship, tutte di tipo supply side). A questo punto, oltre che a Confucio, sarebbe bene fare anche riferimento ai posizionamenti più netti e più attuali che hanno fatto chiarezza in questi ultimi mesi, vale a dire le due ultime volte che Mario Draghi ha scritto e ha parlato: il suo articolo al Financial Times lo scorso 26 marzo, in cui sosteneva l’esigenza di fare debito, invitando gli Stati appunto ad indebitarsi, in maniera da evitare che i costi della crisi si accumulassero nel settore privato, e chiedendo alle istituzioni preposte di fornire subito liquidità alle imprese, agendo sulle leve monetarie, creditizie e fiscali, in maniera da “compensare” gli imprenditori per le perdite subite (incolpevolmente) durante il lockdown.

Il 18 agosto scorso Draghi è, inoltre, intervenuto al meeting di Rimini, parlando dell’esistenza di un “debito buono” e di un “debito cattivo”. Il debito pubblico, infatti, non è tutto uguale: c’è quello che viene utilizzato, parafrasando Confucio, per comprare il pesce e continuare a darlo alla popolazione (debito cattivo); e quello usato per fare investimenti, intervenire sull’offerta e risolvere i problemi della produzione (debito buono): comprare le canne da pesca e insegnare ad usarle. Il primo toglie futuro alle nuove generazioni, il secondo lo crea. Quindi, all’amico Fitoussi e al mio giornale Il Riformista, io dico che ha ragione il presidente di Confindustria Carlo Bonomi quando parla di un rischio di “Sussidistan” in Italia. E certamente Bonomi, quando afferma che per uniformarsi allo spirito europeo è necessario non vivere di soli sussidi, non esclude, dal suo giudizio, il mondo delle imprese dal pericolo del “sussidio a vita” (quello che questo Governo vorrebbe in qualche maniera garantire), perché anche le imprese sussidiate a vita (ci dice implicitamente Bonomi) sono cattive imprese.

Si crea un cattivo mercato, una cattiva offerta, cattivi servizi, come è cattivo il pubblico impiego che si nasconde dietro un finto smartworking, che in realtà non è che un altro sussidio (cattivo) che ammazza la già scarsa produttività ed efficienza del settore pubblico. Quindi le critiche a Bonomi di essere “smemorato” sono da respingere, come riportato nel titolo del Riformista di ieri. Compriamo, allora, tante canne da pesca (anche facendo debito), insegniamo a pescare a tutti (e l’Italia ne avrebbe tanto bisogno), sia nel mondo delle imprese (pubbliche e private), sia nel mondo delle famiglie e dei servizi. Diciamolo con grande forza e a voce alta. Senza ipocrisia. E Bonomi, presidente di Confindustria, l’ha fatto e noi siamo d’accordo con lui.