Il dibattito sulla crisi di governo
“Conte 2 errore della sinistra per non combattere il populismo”, parla Rino Formica

È una lezione di politica, quella alta, di passione civile e lucidità intellettuale, quella che viene da un signore di 93 anni, uno degli ultimi “Grandi vecchi”, e grandi per statura politica e non per anzianità acquisita, della politica italiana: Rino Formica. Dar conto di tutti gli incarichi di primo piano, di governo – Ministro delle finanze, dei trasporti, del commercio con l’estero, del lavoro e della previdenza sociale – e di partito, che il senatore Formica ha ricoperto, prenderebbe tutto lo spazio di questa intervista. A dar forza ai suoi ragionamenti, ai suoi giudizi sempre puntuali e taglienti, non è il suo cursus honorum, ma quel mix, un bene oggi introvabile sul mercato della politica italiana, di sentimenti e di ragione. Che Formica offre ai lettori de Il Riformista, in un momento cruciale per la vita democratica del belpaese.
Senatore Formica, qual è a suo modo di vedere, il dato che non quadra in questa crisi politica in atto?
Il dato che non quadra è come è nata questa legislatura. Essa è nata con una maggioranza parlamentare populista. Con una tendenza populistica di sostanza, che era anti-sistema parlamentare. Un populismo trasversale, che non era solo 5Stelle. Era sicuramente 5Stelle, che aveva raggiunto la maggioranza relativa ma non quella assoluta. Mentre il populismo trasversale era maggioranza assoluta, cioè 5 Stelle più sicuramente la posizione allora populistica propria della Lega, più una parte maggioritaria di Fratelli d’Italia e una parte minoritaria di Forza Italia. E con una posizione sicuramente antipopulistica che era del Pd. Che cosa è avvenuto? Le forze antipopulistiche erano minoranze. E sono rimaste minoranze nella rappresentanza parlamentare ancora oggi, anche se in parte sono manifeste e in parte sono occulte. Questo è il nodo che non si vuole affrontare. Il populismo ha sostenuto di essere, come era con il risultato delle elezioni, maggioritario e quindi centrale in un Parlamento che veniva di fatto delegittimato proprio dalla sostanza del populismo. Però all’interno del Parlamento era maggioranza. Cosa si doveva fare all’inizio della legislatura? Constatare che nessuna forza era politicamente omogenea, sia pure populistica, per governare da sola il Paese. Aveva bisogno di alleanze. E si è andata ad escogitare l’alleanza iniziale che era in contraddizione con la funzione del Parlamento. S’inventa che cosa? Che non c’è una scelta di un capo politico ma c’è la scelta di un uomo grigio del populismo perché non c’era bisogno di un uomo eccellente in quanto non si trattava di seguire lo schema tradizionale delle democrazie parlamentari, e che quindi doveva governare una forza politica che doveva smantellare il sistema. Dai particolari che si nota il tutto.
E qual è questo particolare non notato, senatore Formica?
Quando si fece il Conte I si accettò senza una reazione significativa delle istituzioni, che ci fosse un ministro per i Rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta! Ci fu l’intestazione ufficiale dell’intento istituzionale. Si stabilì che non c’era da fare un programma di alleanza politica bensì un contratto, che era provvisorio, per una iniziativa imprenditoriale demolitoria. E così nasce il Governo gialloverde. Era un Governo che nasceva con una chiara e manifesta intenzione anti-costituzionale ed anti-istituzionale. Non doveva nascere.
Ma dopo il Conte I c’è stato il Conte II. Perché?
Perché le forze del populismo di natura diversa, i 5 Stelle da una parte, la Lega dall’altra, non erano così omogenee nell’iniziativa demolitoria delle istituzioni. Perché dentro c’era una forza puramente demolitoria, i 5 Stelle, e c’era una forza spuria demolitoria che era l’ambiguità della Lega, che aveva due corpi: un corpo salviniano, post-Lega tradizionale, e un corpo che era la tradizione del leghismo, quello legato alle istituzioni minori, territoriali, degli interessi minori, e che aveva una impostazione tradizionale, che era secessionistica, poi corretta strada facendo dall’esperienza di Governo della Lega con Berlusconi. Neanche in quel caso si volle andare alle elezioni. Sbagliando. Perché in quel momento il Movimento 5 Stelle, cioè il populismo puro, si era fortemente ridotto nell’elettorato, e quindi non aveva alcuna ragione per andare alle elezioni. E in soccorso del populismo puro in fase calante nel Paese andò il Partito democratico. Con una ragione, che allora fu promossa da Renzi, che era quello di dire: battiamo Salvini, anche se questo significa alleanza con i populisti puri e duri e avendo come premier lo stesso uomo grigio. In quel momento, una sinistra coraggiosa, forte, democratica, doveva chiedere di andare alle elezioni per dire il populismo è fallito, non c’è più nel Paese, cioè con una linea anti-populistica che, contemporaneamente, era una linea sia contro Salvini sia contro i 5 Stelle, mentre ha preferito la scorciatoia del rientrare nel sistema di potere, con la vecchia illusione, che è di una parte della sinistra storica italiana: quella di dire noi entriamo, poi siccome siamo i più forti, i più intelligenti, i più capaci, alla fine ce li mangeremo. L’idea loro era: istituzionalizzeremo il populismo. Mentre è il populismo ad aver corroso le istituzioni e lo stesso Pd. Questo è il dato.
Cambiano le maggioranze, e anche adesso si sta cercando di raffazzonarne una, però rimane sempre la figura di Conte. Ma perché è diventato una specie di salvatore della patria, un attore imprescindibile?
Nelle situazioni grigie, l’uomo grigio è l’espressione naturale. Dire che lui è “il punto di equilibrio”, è la confessione della propria impotenza. Quando il Pd lo dice, ammette: io non sono punto di equilibrio, non sono capace di una iniziativa. Non è un riconoscimento coerente dei meriti, che non ci sono, di Conte, e che gli stessi dem avevano riconosciuto non esserci.
In una nostra precedente conversazione, lei disse che il problema in Italia non è tanto un deficit di leadership politica, di classe dirigente, quanto un totale vuoto di pensiero. La crisi in corso ne è una conferma?
Il grigio tende al nero, oramai, sempre di più. Dalla situazione grigia si esce o con un ritorno al bianco, cioè al pensiero, o con il ritorno al buio, cioè con la cancellazione del pensiero. Si sta aggravando questa cancellazione del pensiero.
Se lei dovesse dare un consiglio a ciò che resta della sinistra in questo Paese, quale consiglio le offrirebbe?
Non può tornare il pensiero ad animare la sinistra se non parte da una confessione vera, sincera e collettiva della sinistra. Abbiamo sbagliato a non lottare contro il populismo. Se non parte da questo dato di riconoscimento, non c’è nessuna rianimazione nel Paese, non c’è una spinta creativa a trovare vie nuove. Quando si giunge ad una situazione di crisi così vasta, così profonda, io capisco che i nuovi dirigenti, le nuove forze, non possano nascere improvvisamente dal nulla. Devono avere un aggancio anche col presente, in continuità. Però se questo presente non ha la forza e il coraggio morale, prima che politico, di dire dove ha sbagliato, non si va da nessuna parte. Qui c’è una continuità che non ammette gli errori passati. Insomma, è “scurdammoce o passato”. È davvero ben poca cosa una sinistra che si dà come obiettivo stabilizzare il disordine, che altro non è che il classico tirare a campare o, se preferisce, scegliere la via del meno peggio. Certo è che per quelli che un tempo ragionavano di “terza via”, questa mi sembra più che una via, un anfratto. Anche il tentativo di ricostituire la base parlamentare per tenere in vita il secondo governo Conte: il paradosso qual è? Che questo secondo governo Conte non è stato clamorosamente battuto nel voto di fiducia. Si dimette nel momento in cui ha ottenuto una maggioranza assoluta alla Camera e una maggioranza relativa al Senato. Insomma, nell’opinione pubblica viene spontaneo dire, ma scusami, che cosa volevi di più in quelle condizioni, quando hai detto parlamentarizziamo la crisi. Allora tanto valeva che ti dimettevi prima di andare in Parlamento, dicendo: una forza politica che sostiene il Governo si è distaccata, ritirando i suoi ministri, io mi dimetto e riaffido la questione al presidente della Repubblica. No. Conte ha compiuto un atto di offesa al capo dello Stato non dimettendosi, con il risultato di dargli in mano una situazione più difficile di quella che era tredici giorni fa.
Lei parla di una necessaria riflessione autocritica, a sinistra, e di operare una discontinuità. Invece si assiste ad un quasi ossessivo richiamo all’Europa, alla costituzione di una maggioranza europeista, l’Europa che non capirebbe la crisi etc…
È un modo per passare la nottata, per sfuggire alla riflessione politica. Noi siamo stati già adottati dall’Europa. Il rischio che c’è in questo momento è che l’Europa non sa, se continua così la situazione italiana, a chi dare il sostegno e l’aiuto nel nostro Paese. Mettiamola così: non è che ci troviamo di fronte ad una Europa che ha bisogno di un europeismo italiano. Indipendentemente dall’europeismo italiano, o sedicente tale, l’Europa ci ha preso sotto la sua protezione. È inutile che il Pd e i 5 Stelle vadano raccontando di aver fatto cambiare l’Europa. È l’Europa che ci ha adottato, perché ha autonomamente mutato la sua posizione. Perché la posizione di intervenire con una solidarietà europea per affrontare una nuova fase di soluzione politica dei problemi unitari dell’Europa, è stata la grande scelta dell’asse Parigi-Berlino. E negli ultimi due-tre mesi ci ha molto aiutato il cambio della situazione americana. Sono stati due fattori internazionali che hanno favorito oggettivamente la situazione italiana. L’alternativa che aveva l’Italia era rifiutare l’adozione dell’Europa e dire: vogliamo vivere nella nostra miseria! Un’alternativa che non poteva neanche essere ipotizzata per assurdo.
Lei che ne ha viste tante e di più nella sua lunga e impegnativa vita politica, cosa prova oggi nel sentir parlare di “costruttori” e “responsabili”?
Beh, il solo fatto che si fa riferimento alla responsabilità da parte di chi ha in mano lo scettro, dimostra che il soggetto in questione ha coscienza che non ha responsabilità. Insomma, non si può invocare responsabilità da parte di chi fa manifesta azione di irresponsabilità. Come fai a invocare la responsabilità degli altri, quando sei irresponsabile nella gestione del potere che già hai? L’irresponsabile che chiede la responsabilità degli altri! Siamo al bue che dice cornuto all’asino.
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