Il discorso all'Europarlamento
Draghi scuote l’Ue: “Basta unanimità, ora federalismo pragmatico”
Mario Draghi prova a dettare l’agenda all’Europa guidandola verso nuove regole del gioco e quella federazione di stati “pragmatica” e “ideale” che era il sogno dei padri fondatori. E sarà una suggestione, ma non sono pochi gli europarlamentari italiani che alla fine riconoscono al premier lo standing del prossimo Presidente della Commissione Ue. Persino i leghisti hanno aspettato per farsi un selfie con SuperMario. Orgoglio italiano. Il caso vuole che il nostro Presidente del Consiglio tenga il suo discorso alla plenaria di Strasburgo “cuore della nostra democrazia” mentre da due mesi in Ucraina imperversa una guerra destinata a “cambiare per sempre il destino dell’Europa” e nel momento di svolta di alcune decisioni chiave, come quella sul “tetto” europeo al prezzo del gas (per calmierare il prezzo finale e quindi le bollette), sulla Difesa europea, se pagare o meno in rubli il gas russo come vorrebbe Putin ma come proibiscono le sanzioni.
Un momento di decisioni speciali e definitive per cui servirebbe un nuovo “whatever it takes” è l’auspicio della presidente Metsola, la numero uno del Parlamento europeo. Sempre il caso – che non è più un caso – fissa queste comunicazioni sul “Futuro dell’Europa” il giorno dopo l’approvazione di un decreto “italiano” di aiuti a famiglie e imprese pari a 14 miliardi rispetto al quale tutti o quasi, eccezion fatta per i 5 Stelle, hanno poco da dire. E mentre, quasi in contemporanea a Strasburgo, il ministro per la Transizione ecologica Stefano Cingolani è nell’aula della Camera per spiegare a che punto siamo con il ricatto russo, con la diversificazione e con il pagamento a Gazprom che l’Italia dovrà fare a metà maggio ma ancora non è chiaro come farlo. In rubli o in euro? Da quel pagamento dipendono le forniture di gas dei prossimi mesi. Sono tutti pezzi di un puzzle i cui incastri trovano risposta nel discorso del premier italiano.
La cravatta azzurro Europa
Dopo un omaggio a Sassoli e alla “sua visione ora necessaria” Draghi – che parla in italiano e sfoggia una vistosa cravatta azzurro Europa (in genere ne indossa stile minimal) – cerca di parlare ad una Ue “forte, coesa, solidale capace di superare le crisi e affrontare le nuove sfide”. La guerra in Ucraina pone i 27 davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme “umanitaria, securitaria, energetica, economica”. E che avviene quando la maggiore emergenza sanitaria degli ultimi cento anni non è ancora dietro le spalle. Sono due emergenze che possono trovare risposte analoghe. E se la risposta alla pandemia è stata «unitaria, coraggiosa, efficace, la stessa prontezza e determinazione, lo stesso spirito di solidarietà, ci devono guidare nelle sfide che abbiamo davanti oggi». Per affrontarle serve «un federalismo pragmatico, che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso, dall’economia, all’energia, alla sicurezza». Se questo vuol dire «rivedere i Trattati europei, superare la regola dell’unanimità e procedere a maggioranza qualificata», lo si faccia «con coraggio e con fiducia». È scattato qui uno degli applausi più lunghi e sentiti. Di un’aula piena meno della metà.
Rivedere i Trattati e le regole del gioco
Nell’auspicata revisione delle regole del gioco – che sarebbe quindi la prima mossa da fare – ci sta dentro tutto. Una vera “Difesa comune, coordinata ed efficace” ad esempio, perché i 27 sistemi militari così come sono costano molto e servono a poco visto che ci dobbiamo affidare alla Nato per muovere qualche truppa sui confini est. La proposta è convocare “una conferenza per razionalizzare e ottimizzare gli investimenti”. La revisione dei Trattati e il voto a maggioranza qualificata sono necessari – un altro esempio – per gestire la crisi migratoria e superare una volta per tutte il Trattato di Dublino che impone al paese di prima accoglienza la gestione dell’immigrato. Per accelerare, anche, “il processo di adesione alla Ue” di tutti coloro che lo chiedono e che ne hanno i parametri, dall’Albania al Kosovo, Ucraina compresa. “Vogliamo Kiev nella Ue” dice Draghi. Uno dei passaggi più applauditi ha riguardato i rifugiati: «Dobbiamo rafforzare e rendere davvero efficaci gli accordi di rimpatrio, ma dobbiamo anche rafforzare i canali legali di ingresso nell’Unione Europea. In particolare, dobbiamo prestare maggiore attenzione al Mediterraneo, vista la sua collocazione strategica come ponte verso l’Africa e il Medio Oriente». Il Mediterraneo non come “area di confine, su cui ergere barriere” ma luogo dove si affacciano “molti paesi giovani, pronti a infondere il proprio entusiasmo nel rapporto con l’Europa e con cui la Ue deve costruire un reale partneriato non solo economico, ma anche politico e sociale”. Il Mediterraneo come “polo di pace, prosperità e progresso”. C’è molto di La Pira in questo intervento. L’Italia degli anni Cinquanta. Del boom e dei primi passi dell’Unione, appunto.
“Nessuna equivalenza tra chi invade e chi resiste”
Sulla guerra in Ucraina Draghi ha ripetuto ciò che va dicendo da tempo: «Sostenere il paese, il suo governo e il suo popolo. In una guerra di aggressione non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste. Vogliamo che l’Ucraina resti un Paese libero, democratico, sovrano. Proteggere l’Ucraina vuol dire proteggere noi stessi e il progetto di sicurezza e democrazia che abbiamo costruito insieme negli ultimi settant’anni. Aiutare l’Ucraina vuol dire soprattutto lavorare per la pace. La nostra priorità è raggiungere quanto prima un cessate il fuoco, per salvare vite e consentire gli interventi umanitari». È ai paesi del Mediterraneo che l’Europa deve guardare anche per raggiungere l’indipendenza dal gas russo. «Mi riferisco – ha detto Draghi – ai giacimenti di gas, come combustibile di transizione, ma soprattutto alle enormi opportunità offerte dalle rinnovabili in Africa e Medio Oriente. Allo stesso tempo dobbiamo trovare subito soluzioni per proteggere le famiglie e le imprese dai rincari del costo dell’energia, moderare le bollette e il prezzo dei carburanti è anche un modo per rendere eventuali sanzioni più sostenibili nel tempo».
Bruxelles deve dare regole certe
Sul gas dall’Europa Draghi aspetta parole certe e chiare per dirimere il nodo del pagamento in rubli o in euro. Non c’è più tempo da perdere. Come spiega e ricorda, più o meno in contemporanea ma dall’aula del Parlamento italiano, il ministro Cingolani. Se Gazprom dovesse chiudere i rubinetti prima della fine del 2022, “il nostro sistema industriale andrebbe in crisi”. Più si va avanti, invece, più riusciamo a riempire i nostri depositi di stoccaggio e più guardiamo con fiducia alla diversificazione del nostro mix energy e all’autonomia da Mosca. Ancora una volta, per questa sfida, serve più Europa libera dal vincolo dei Trattati che impongono l’unanimità nelle decisioni. Draghi, e Cingolani gli fa eco da Roma, lo dice chiaramente: «Da Bruxelles ci aspettiamo decisioni a breve sul tetto al prezzo del gas, sulla separazione dei prezzi (decoupling) tra gas e elettricità, su un nuovo Recovery per l’energia e le materie prime». Stop alla gestione emergenziale dei rincari, come stiamo facendo adesso inseguendo i dispetti di Mosca, e “avanti con risposte strutturali”. L’integrazione europea è “l’alleato migliore che abbiamo per affrontare le sfide che la storia ci pone davanti”. Oggi, come in tutti gli snodi decisivi dal dopoguerra in poi, “servono determinazione, visione, unità”.
“Quest’Italia fa bene all’Europa”
Forse un po’ lungo nella relazione – venti minuti sono diventati più di mezz’ora, Draghi ha convinto soprattutto durante il dibattito. A parte la grillina Beghin respinta con perdita sul bonus 110% (“altro che esempio, è stato un danno che ha incentivato i prezzi delle materie prime” ha detto Draghi), persino Raffaele Fitto (Conservatori e Fratelli d’Italia) ha reso gli onori al premier italiano. L’Italia esce a testa alta dalla plenaria di Strasburgo. «L’Italia è diventata un modello per la gestione della pandemia in Europa. Ora state spendendo bene i soldi del Next generation Eu. La leadership italiana è un bene per l’Europa», ha commentato in aula Manfred Weber, leader del Ppe. Che ha voluto citare De Gasperi: «Un politico guarda alle prossime elezioni, un uomo di Stato guarda alle prossime generazioni. Abbiamo bisogno di più uomini di Stato».
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