C’è un gran tripudio attorno a Sergio Mattarella. La maggior parte dei politici, e dei giornali, e degli intellettuali è dalla sua parte e sostiene che era la migliore delle scelte possibili. Credo che anche l’opinione pubblica lo apprezzi, e credo che lo apprezzi perché lo ritiene una persona estranea, e forse addirittura nemica, del circo della politica e del potere. Io ho un grande rispetto e anche stima per Sergio Mattarella, e seguo la sua attività pubblica da una quarantina d’anni e con attenzione. Non penso che lui sia estraneo al mondo della politica.

Ha una lunga biografia, in gran parte interna alla Dc e alle correnti che hanno sopravvissuto alla Dc, piena di battaglie politiche, di colpi dati e ricevuti, di vittorie e di sconfitte, di trofei, di ferite, di cicatrici. Non penso nemmeno che sia estraneo al mondo del potere. Raramente un Presidente della repubblica lo è. Mattarella è una espressione piena e legittima della prima e della seconda Repubblica. Io però credo che non ci sia niente di male ad essere interno alla politica. Vedo la politica come una nobile attività, non come il luogo del malaffare e dell’imbroglio. Anche Berlusconi è interno alla politica, anche Casini, Cassese, Violante, Draghi. Credo che sarebbero stati ottimi presidenti della repubblica. Non lo sono perché contro ciascuno di loro ha giocato il frullatore delle correnti, che oggi non sono più neppure racchiuse nei partiti, sono libere, incontrollabili, spavalde.

Io però sono rimasto molto deluso dall’elezione di Mattarella. Il perché lo abbiamo scritto tante volte su questo giornale. Non perché non ha mantenuto la parola di rifiutare il bis. Non perché la sua rielezione forse scalfisce la Costituzione. Non perché è un politico-politico. Per una ragione diversa: perché Mattarella in questi anni si è dimostrato subalterno alla magistratura e in particolare al partito dei Pm. Il quale è intervenuto pesantemente in questa elezione presidenziale, prima bloccando la candidatura di Berlusconi, poi quella di Nordio, di Cassese, forse anche quelle di Draghi e di Casini. Se non ci sarà una svolta, se Mattarella2 sarà uguale al Mattarella1, noi sappiamo che non ci sarà riforma della giustizia, che il Quirinale proteggerà la Casta dei Pm anche da un eventuale naufragio al referendum, che il potere delle toghe resterà incontrastato, che lo Stato di diritto resterà in cantina, che un pezzo di magistratura inquirente resterà arbitra incontrollata delle nostre vite. Non festeggiamo. Non c’è niente da festeggiare. Per chi, come noi, è sempre impegnato nella battaglia garantista, l’elezione quasi all’unanimità di Mattarella è ragione di preoccupazione e non di gioia. Non è un bel giorno.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.