Per la donna è scattato l’obbligo di dimora
Inchiesta sul caporalato, si dimette il capo dell’Immigrazione al Viminale: la moglie è indagata a Foggia
Nell’operazione dei sono indagate 16 persone coinvolte in una inchiesta della procura di Foggia e dei carabinieri contro il caporalato. Il blitz, messo a segno questa mattina, ha portato in carcere due cittadini extracomunitari, altri tre sono andate ai domiciliari e undici hanno avuto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Per tutti le accuse sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. L’operazione è stata portata a termine dai carabinieri della compagnia di Manfredonia e dal nucleo dei carabinieri dell’Ispettorato del lavoro.
Da indiscrezioni tra le persone coinvolte – riporta il Corriere del Mezzogiorno – ci sarebbe anche la moglie del prefetto Michele Di Bari, 62 anni di Mattinata, nel foggiano, dal 2019 capo del dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Viminale, in passato viceprefetto di Foggia, poi prefetto a Vibo Valentia, Modena e Reggio Calabria. Per la donna è scattato l’obbligo di dimora. Il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno, alla luce dell’inchiesta sul caporalato in cui è coinvolta la moglie, “ha rassegnato le proprie dimissioni”. Lo ha reso noto il Viminale.
Al vaglio degli inquirenti le condizioni di sfruttamento cui erano sottoposti numerosi braccianti provenienti dall’Africa, impiegati a lavorare nelle campagne della Capitanata, tutti “residenti” nella nota baraccopoli di Borgo Mezzanone, dove insiste un accampamento che ospita circa 2mila persone, che vivono in precarie condizioni igienico sanitarie e in forte stato di bisogno.
La complessa e articolata attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Foggia e condotta dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della compagnia carabinieri di Manfredonia e da quelli del nucleo Ispettorato del Lavoro di Foggia, è partita alla fine di luglio 2020, quando a seguito di alcuni appostamenti all’interno dell’operazione ‘Principi e Caporali’ conclusasi ad aprile di quest’anno, i militari hanno effettuato una perquisizione dei terreni agricoli siti nel Comune di Manfredonia e riconducibili ad un’azienda con sede in Trinitapoli, constatando la presenza di diversi lavoratori stranieri intenti a lavorare.
I carabinieri hanno visto un soggetto, poi identificato come un 33enne gambiano, che si avvicinava a dei cassoni pieni di pomodori e annotava qualcosa su un quaderno, mentre altri erano a lavoro. Alla vista dei carabinieri si è dato alla fuga. I braccianti presenti hanno riferito di essere stati reclutati e portati sul posto proprio dal fuggitivo che si era occupato anche del profilo burocratico dell’assunzione, provvedendo all’invio dei documenti (a lui consegnati dai braccianti) e curando, per il suo tramite, anche la corresponsione della relativa retribuzione, del loro trasporto sui campi e ricevendo da loro 5 euro al giorno per ogni bracciante trasportato.
Gli accertamenti hanno portato alla conclusione che i braccianti vivevano all’interno della “ex pista” di Borgo Mezzanone, in “pessime condizioni igienico sanitarie” e che percepivano per il lavoro prestato sui campi, 5 euro per ogni cassone di pomodori riempito, lavoravano privi dei previsti dispositivi di sicurezza e sotto controllo serrato, non risultavano sottoposti alle visite mediche e venivano trasportati sui campi con mezzi “in pessime condizioni d’uso, pericolosi per la circolazione stradale e per la incolumità degli stessi lavoratori”, in più tra loro c’erano anche lavoratori privi di ogni tipo di contratto. Le buste paga sono risultate non veritiere, poiché venivano indicate un numero di giornate lavorative inferiori a quelle realmente prestate dai lavoratori, senza tener conto dei riposi e delle altre giornate di ferie.
Per diverse aziende agricole, ben dieci in totale, il 33enne gambiano e un 32enne senegalese anch’egli domiciliato nell’ex pista, erano “l’anello di congiunzione” tra i rappresentanti delle varie aziende agricole operanti nel territorio nel settore agricolo e i braccianti. Alla richiesta di forza lavoro avanzata dalle aziende, i due extracomunitari si attivavano e reclutavano i braccianti all’interno della baraccopoli, inoltre i due reclutatori si occupavano anche di istruire i braccianti sulle modalità di comportamento in caso di accesso ispettivo da parte dei Carabinieri.
Il Gip di Foggia ha disposto il controllo giudiziario di dieci aziende agricole, riconducibili a 10 dei soggetti colpiti da misura cautelare, per un volume d’affari annuo complessivo di cinque milioni di euro.
© Riproduzione riservata