L’Associazione nazionale magistrati, a quasi due anni dallo scoppio del Palamaragate, non ha ancora iniziato l’attività di verifica delle “condotte di rilievo disciplinare endo-associativo” delle toghe che chattavano con l’ex zar delle nomine per chiedere posti e favori. L’incredibile notizia è stata comunicata questo fine settimana dai vertici dell’Anm durante la riunione del Comitato direttivo centrale.

Il gip di Perugia ha autorizzato solamente lo scorso 25 febbraio il presidente del Collegio dei probiviri ad acquisire in copia le chat intercorse tra Palamara e i magistrati iscritti all’Anm. Le chat, pubblicate già da molti quotidiani e agli atti del fascicolo per corruzione a carico dell’ex presidente dell’Anm aperto nel capoluogo umbro, sono state trasmesse solo alla Procura generale della Cassazione e al Consiglio superiore della magistratura. Palamara, per superare l’impasse, si era offerto nei mesi scorsi di consegnarle personalmente ai probiviri dell’Anm. La proposta era stata però bocciata. Ma se per acquisire le chat sono stati necessari tutti questi mesi, per la loro valutazione i tempi si preannunciano ancora più lunghi.

Sono stati, infatti, sempre i vertici dell’Anm a mettere le mani avanti ricordando che sarà necessario attenersi al Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali che impone di ispirare il trattamento delle informazioni ai principi di “proporzionalità” e di “necessità”, limitando la disamina ai soli elementi indispensabili per l’accertamento degli illeciti deontologici. Un giusto rispetto delle regole da parte delle toghe che farà certamente piacere a tutti i cittadini italiani che dopo essere stati intercettati leggono sui giornali ogni genere di particolare relativo alla propria vita privata.

Nel caso di Palamara, espulso dall’Anm al termine di una istruttoria lampo, va ricordato comunque che nessuno chiese il “consenso” informato. Se, dunque, l’Anm procede a corrente alternata nel sanzionare i propri iscritti, anche una delibera avente ad oggetto “concrete azioni di sostegno a favore dei magistrati impegnati nei processi di mafia” diventa terreno di scontro fra le correnti. La delibera, proposta da Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe, dai davighiani, e da Articolo 101, il gruppo antisistema, chiedeva “più incentivi economici e di punteggio per i magistrati delle sedi disagiate”, l’indizione immediata di “concorsi per coprire le gravi scoperture d’organico” del personale amministrativo e dei magistrati nelle terre di mafia, nuove misure per “potenziare le infrastrutture materiali e digitali e per migliorare le condizioni di vita dei colleghi” che si trovano nelle sedi più esposte e lontani dagli affetti più cari”.

La sinistra giudiziaria insieme ad Unicost, l’ex gruppo di Palamara, ha fatto muro e la mozione non è passata. Il motivo? Fra le righe vi sarebbe stato visto un endorsement al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. La sinistra togata era propensa a stigmatizzare alcune esternazioni del procuratore calabrese, in particolare un’intervista rilasciata a gennaio al Corriere. Le dichiarazioni “sopra le righe” di Gratteri erano state corrette dal diretto interessato.