Il governo dell'emergenza
L’Italia ai tempi del Coronavirus in mano agli “esperti”, i nuovi populisti
Ma c’è dell’altro. Sta cambiando, nel frattempo, la legittimazione del ceto politico. Dopo anni di durissimo attacco alla casta, alle élite, ai “successi professionali”, alle competenze, sembra venuto il momento della scienza, di chi parla a ragion veduta, degli esperti. Lo stesso ceto politico che fino a ieri teorizzava l’uno vale uno, oggi chiede al Paese di fidarsi di chi sa. Certo è che, nelle settimane dell’emergenza, le decisioni, anche le più ardite, anche le più delicate, sono state prese e vengono prese in base al “parere degli esperti”.
Fino a pochi mesi decidevano i NoTav e i NoVax. Oggi decidono gli scienziati, i clinici, i tecnici. Partiti di governo e di opposizione, presidenti di Regione, sindaci delle città, tutti si nascondono dietro i super-esperti dell’Iss, gli uomini della Protezione Civile, i luminari dei grandi nosocomi.
Una svolta? Il ritorno della ragione dopo la lunga dittatura della pancia? In realtà, finché la politica sarà fragile com’è oggi, finchè sarà un castello di carta, tutto questo non significherà probabilmente, come in molti sembrano invece credere, il funerale del populismo.
Finchè i saggi serviranno a coprire l’inconsistenza della politica, la democrazia rappresentativa resterà problematica, i partiti resteranno forme vuote, la responsabilità del mandato elettorale resterà compromessa. E al populismo plebeo rischierà di sostituirsi una sorta di populismo delle competenze.
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