La credibilità della magistratura è stata rasa al suolo dal Palamara-gate. Sebbene nei grandi giornali prevalga l’omertà. I fatti emergono tutti i giorni e ormai hanno fatto breccia anche in alcune televisioni. Chi l’altra sera ha visto Porta a Porta, e ascoltato attentamente l’intervista al dottor Palamara, non può non essere rimasto basito per le sue parole. È apparsa in tutta evidenza e senza possibilità di smentita la condizione di assoluta illegalità nella quale opera la magistratura. Si è visto con chiarezza che il divorzio tra giustizia e magistratura è completo e antico. E che un pezzo dello Stato repubblicano si è posto volontariamente contro la legge e il diritto.

Tra qualche riga proverò spiegare meglio perché. Prima però volevo anticipare una conclusione, che a me sembra inevitabile: si è rotto il patto di fiducia tra cittadini e magistratura. Si è accertato che moltissimi magistrati, che in questi anni hanno perseguito e giudicato migliaia di cittadini, avevano ottenuto il loro incarico in modo non corretto. Si è saputo che in alcuni settori della magistratura era non il diritto ma la collocazione politica, o i rapporti di amicizia, a orientare il giudizio. È chiaro che chiunque è autorizzato a pensare che una parte grande o piccola dei processi che si sono svolti in questi anni, o delle inchieste che si sono avviate, non rispettavano il diritto e possono essere stati inquinati. Il patto di fiducia tra cittadino e magistratura è sgretolato. Per ristabilire le condizioni minime di rilegittimazione della macchina della Giustizia occorre una soluzione politica. Questa soluzione è prevista dalla Costituzione: si chiama amnistia. Più precisamente, amnistia e indulto.

Il senso dell’amnistia è esattamente questo: chiudere un capitolo oscuro. Ripartire da zero. L’amnistia più famosa della nostra storia è quella che fu concessa dal governo di unità nazionale nel 1946, firmata da un ministro comunista, e cioè da Palmiro Togliatti: l’amnistia che salvava i fascisti e introduceva un elemento importantissimo di pacificazione e di ricostruzione di un patto che era stato stravolto dal fascismo. Capisco che possa sembrare un eccesso polemico, ma invece non c’è niente di polemico: ci troviamo in una situazione simile. C’è il ragionevole sospetto che molti processi possano essere stati inquinati da logiche che non hanno a che vedere con il diritto. Non si può convivere con questo sospetto. È irragionevole pensare che si possano rifare centinaia di migliaia di processi. L’unica soluzione è un provvedimento di clemenza. Che peraltro, prima ancora che iniziasse il terremoto-Palamara, era stato chiesto da diverse personalità molto autorevoli, a partire dal Papa.

Torniamo all’intervista a Porta A Porta. Ha detto Palamara: «Sì, in molti settori della magistratura c’è una propensione per la politica». «Sì, spesso prevale un istinto di corporazione». «…il sistema delle correnti… accordi tra rappresentanti dei magistrati… attività politico associativa… chi va al Csm è indicato dalle correnti, l’organizzazione interna che i magistrati si sono dati è uno strumento di potere… non rivelerò i contenuti della cena con Pignatone… non so perché i trojan funzionavano a intermittenza…». Ho solo copiato qualche frase dai miei appunti. Provo a spiegare cosa se ne deduce. Che l’Anm non è una associazione culturale né un sindacato tecnico: è un luogo dove si distribuisce il potere. Che il Csm è espressione in gran parte (maggioritaria) dell’Anm. Che la magistratura non è un ordine ma una corporazione e che risponde non a principi di giustizia e di legge ma agli interessi della corporazione, che una manina ha cancellato l’intercettazione della cena tra Palamara e Pignatone (nella quale si decise il nome del nuovo Procuratore di Roma), che qualcuno silenziava i trojan quando i magistrati intercettati erano eccessivamente di peso.

Oltre a questo c’è qualcosa di più. Palamara ha spiegato che le nomine effettuate dal Csm, compresa quelle dei magistrati di Cassazione, sono state tutte determinate da logiche di corrente. Dunque sono illegali. E ha precisato – per giustificarsi – che però le più importanti, quelle dei Procuratori delle grandi città, hanno anche – anche – tenuto conto della competenza e dei meriti dei nominati. Le altre no. Quante sono le altre? Qualche decina? No: migliaia. Migliaia di nomine irragionevoli e illegali. L’intera geografia della magistratura frutto dell’arbitrio e di logiche di puro potere. Al di fuori della Costituzione. Per riparare all’insieme di queste sopraffazioni occorrerà una riforma da fare in tempi strettissimi, e con l’accetta. Che trovi il modo per riportare sotto controllo un potere uscito del tutto fuori controllo. La riforma del Csm e la separazione delle carriere tra giudici e Pm sono le prime urgenze. Però prima di ogni altra cosa viene l’amnistia. Perché è necessario restituire ai cittadini l’idea che loro, se finiscono nella rete della magistratura, non saranno immediatamente trasformati in merce di scambio in una battaglia di potere.

Recentemente è stata presentata alla Camera una proposta di legge costituzionale che riforma l’amnistia e l’indulto. La proposta è depositata dal 2 aprile scorso. Quindi è precedente all’esplodere di Magistratopoli. Ora diventa attualissima. Naturalmente non sarà facile piegare la resistenza dei 5Stelle. I partiti democratico-liberali che fanno parte del governo, però, sono in grado di porre la questione come fondamentale per la tenuta del governo. Non è un problema secondario quello che è sul tappeto. Riguarda il ripristino dello Stato di diritto, della democrazia e della Costituzione.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.