Putin appare sempre più piccolo man mano che passano i giorni di guerra. Gli americani, senza alcun imbarazzo raccontano esigendo prove e con racconti riservati agli ufficiali di intelligence, di aver provocato con successo la morte di un numero imprecisato di generali dell’Armata rossa e di un numero ancora superiore di ufficiali di grado alto, da maggiore a tenente colonnello. Hanno lasciato gli ucraini a occuparsi della eliminazione con armi di precisione e tiri di artiglieria calcolati al millimetro, ma è evidente che l’esercito russo viva con uno stato di profonda depressione le azioni di furia e di crudeltà riprovevole sui civili ucraini, compresa l’atroce operazione – come mai hanno fatto neppure le armate naziste – di portarsi dietro camion con inceneritori di cadaveri.

Ma la depressione sembra diventare ancora più profonda quando le televisioni russe illustrano per filo e per segno quali devastazioni potrebbe imporre l’uso di armi nucleari tattiche sull’Europa e quando si parla di un sottomarino di nome Poseidon che avrebbe il potere di esplodere con un fungo nucleare e poi di provocare uno tsunami con onde di cinquecento metri che sommergerebbero tutto come la mitica Atlantide. Gli esperti inglesi hanno spiegato ogni giorno al pubblico del Regno Unito che si tratta di vanterie senza alcun riscontro e di incommensurabile malvagità: il super sottomarino demoniaco è per ora soltanto uno studio che ancora si deve trasformare in prototipo, benché Putin per due anni ne abbia mostrato le sembianze sulla Piazza Rossa durante la parata del 9 maggio di uno e due anni fa. Putin ne aveva illustrato le caratteristiche anche in televisione durante le sue conferenze stampa con voce calma, per lasciare intendere di essere ponto a tutto.

Ma appare ogni giorno più evidente che per ora proprio le armi stiano dando i primi frutti i vista di una possibile pace, impensabile fin quando gli aggrediti erano inermi. Due giorni fa, parlando con il segretario generale dell’Onu, per la prima volta Putin ha accennato alla remota possibilità di sedere a un tavolo di trattative, a patto che gli occidentali cessino di fornire armi agli ucraini. È un netto rovesciamento rispetto a quanto diceva durante il mese di marzo, quando a Zelensky che gli offriva ogni giorno la sedia della trattativa e del negoziato, rispondeva che avrebbe trattato soltanto quando avrebbe raggiunto tutti gli obiettivi che si era proposto di raggiungere. E cioè: prima si vince e poi si tratta – come prima versione – mentre la seconda è: sono pronto a trattare purché cessi il riarmo occidentale dell’Ucraina. Nel frattempo, come vediamo ogni giorno, le forze russe si dimostrano meno capaci di lanciare attacchi significativi e le brevi avanzate sono definite “svogliate”.

Imbrigliato dal suo Stato maggiore che gli ha imposto di mantenersi nei limiti di una “operazione militare speciale” Putin è stato costretto a non colpire al cuore l’Ucraina rinunciando a colpire nodi autostradali e ferroviari, le grandi industrie e le stesse centrali nucleari. L’ “operazione speciale” contava su un cambio di regime che sostituisse Zelensky con un fantoccio scelto dal Cremlino e la cattura anche formale delle zone russofone, con l’oscillante tentazione di prendere Odessa e lasciare l’Ucraina all’asciutto, senza mare. Tutti questi obiettivi o non sono stati raggiunti, o sono subito sfuggiti di mano lasciando in mano al ritornato esercito ucraino scie di cadaveri di civili sui quali Onu e Croce Rossa internazionale raccolgono voluminosi dossier per preparare un atto di accusa internazionale formale nei confronti di Putin con l’intenzione di chiederne l’arresto formale come accadde con Milosevic.

Ora si dovrà vedere se e quale cambiamento di strategia Putin sarà costretto ad assumere, mentre la Bielorussia, satellite della Russia fa rumoreggiare i suoi cingoli per un’operazione più psicologica che militare. Ora siamo armati veramente come si deve e contiamo di respingere i russi e ributtarli là da dove sono venuti, rinunciamo a invadere la loro terra così come loro hanno fatto con la nostra», ha detto il capo di Stato Maggiore ucraino dopo aver notato che la qualità delle armi spese per queste operazioni militari speciali, è men che mediocre sia in mezzi che in linee di rifornimento e qualità del personale militare che appare del tutto demotivato, e occasionalmente preda di istinti di vendetta feroce e capace di atti mostruosi contro i civili, ma regolarmente perdente con i solidati ucraini, salvo poche eccezioni che risalgono alla primissima fase dell’invasione. Resta aperta la questione del braccio di ferro fra generali e Putin, I generali hanno imposto a Putin di scegliere: vuole davvero una guerra d’invasione o si contenta del disastro che ha combinato?

Nel primo caso la classe militare non vuole esporsi ulteriormente a conseguenze internazionali e chiede una formale dichiarazione di guerra e il comando effettivo delle operazioni, confiscato al Presidente cui era stato concesso con molta riluttanza e per breve tempo il comando dell’operazione militare fallita. In caso di guerra, inoltre, i generali russi procederanno alla vera distruzione delle strutture ferroviarie ed energetiche Ucraine, lasciando così un territorio – in caso di vittoria – che dovrà comunque essere interamente ricostruito con spese che la Russia sa di non possedere e una piaga aperta con l’intera popolazione ucraina che non si richiuderà mai.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.