Il Coronavirus ha determinato una crisi della domanda; la produzione (che già non se la passava bene) si è fermata perché si sono chiusi i mercati, per banali, ma insuperabili barriere psicologiche. Dobbiamo allora accontentarci di produrre senza vendere? O forse si prospetta l’istituzione di un “reddito di contagio” da erogare a tutti i cittadini che abbiano subito dei danni nelle loro attività? Direbbe Polonio, il cortigiano di Elsinore, che – tutto sommato – c’è una logica in questa follia. Dovevamo aspettarcelo. In gran parte del mondo il “percepito” ha preso il posto del “reale”. I dati, le statistiche, le competenze, gli studi, gli approfondimenti sono stati sostituiti dalle “percezioni”. La politica allora ha drizzato la prua dei governi in direzione del “sentire” del popolo.

Si è presa carico delle paure irrazionali che accompagnano da sempre i cambiamenti economici e sociali, soprattutto se intensi ed epocali come quelli a cui assistiamo. Si è addirittura teorizzato che la politica dovesse prioritariamente tener conto delle paure, qualunque esse fossero, perché i cittadini avevano il diritto di essere rassicurati anche per i pericoli inesistenti o assai meno gravi di come li percepivano. Così, la politica non ha compiuto alcun sforzo per “fare luce”; ovvero per svolgere quella funzione educativa che un tempo spettava ai partiti, per chiarire la complessità delle sfide da affrontare, senza potersi avvalere delle risposte tradizionali e senza averne ancora a disposizione delle nuove.

Anzi, per mantenere e aumentare il consenso, ampi settori della politica hanno coltivato quelle paure, inverandone le cause e promettendo soluzioni facili e semplici. È la “percezione” che ha portato alla vittoria Donald Trump, che ha prodotto la Brexit e disseminato di suggestioni populiste la Vecchia Europa. Alla fine, però, è bastata una simil-influenza (è la definizione che Ilaria Capua ha dato del Covid-19) – “percepita” come una peste misteriosa – per collassare il mondo sviluppato. Il fatto è che si continua a operare sul terreno del “percepito”. Le popolazioni temano il virus sconosciuto più di ogni altra patologia? Tutti gli sforzi vanno rivolti a una campagna di resistenza contro quel nemico. La celebre esortazione di Franklin Delano Roosevelt agli americani (“L’unica cosa di cui aver paura è la paura stessa”) non ha più quel significato.