I tempi del coronavirus
Pensavamo che la bomba H potesse distruggere il mondo, bastava un’influenza…
Poi è caduto il Muro di Berlino e ho creduto anch’io che fosse finita la storia. Invece ne era cominciata un’altra peggiore, dove sono tornate alla ribalta forze e subculture ritenute emarginate, se non addirittura estinte. Come nel gioco dell’oca siamo tornati alla casella di partenza. Ma non è più la stessa di prima. In quasi ottant’anni ne ho viste di tutti i colori. Non avrei mai pensato, però, che il mio “mondo” cadesse vittima di una crisi di nervi a causa – l’ha definita così Ilaria Capua – di una simil-influenza, fino al punto di suicidarsi, uccidere l’economia e la vita sociale, accontentandosi di costruire nei tinelli di casa dei simil-rifugi antiatomici, gli stessi che, a suo tempo, suscitavano una diffusa ilarità quando ce li mostrava la Settimana Incom prima del film.
Il virus pestifero non è il Covid-19. Non è il Coronavirus ad impestarci, ma la comunicazione, la tv, le reti, il web, che scelgono non solo le notizie da dare ma anche come darle. Si crea in questo modo (ormai lo abbiamo visto in troppe occasioni) un’opinione pubblica sobillata che si rivolge alle autorità politiche ed amministrative, le quali vanno a rimorchio, non hanno il coraggio di sostenere la sola via di persuasione in casi come questi: sottoporre i fatti ad una valutazione di relatività, in modo che tutti ricordino che l’essere umano non è immortale. E che tante, ben più gravi, sono le cause di morte. D’altro canto che cos’altro potrebbero fare i governanti?
Viviamo in un Paese in cui una sindaca è stata condannata perché non aveva dato l’ordine di chiudere le scuole quando la sua città fu sommersa dalle acque; ad un amministratore delegato delle Ffss è stata imputata la responsabilità di un incidente ferroviario gravissimo verificatosi mentre lui dormiva nel suo letto a centinaia di Km di distanza; i componenti della Commissione Grandi Rischi hanno dovuto rispondere penalmente di non essere indovini e di non aver previsto il verificarsi di un terremoto. Questa logica dovrebbe farci capire che – nel caso dell’epidemia simil-influenzale – ci siamo infilati lungo una strada senza ritorno. I predicatori di morte non sono legittimati a inneggiare alla vita. Hanno un bel da lamentarsi, i sindaci, le imprese, persino i sindacati. «Malanno sei scatenato – afferma Marc’Antonio al termine dell’orazione funebre davanti al cadavere di Cesare – Ora fai il tuo corso».
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